Come si genera innovazione e valore nei servizi?


All’incontro "Management nelle organizzazioni sanitarie. Quali caratteristiche di questo ruolo" hanno partecipato quattro manager che hanno ricoperto, negli anni, molteplici ruoli in molte organizzazioni. Persone ricche di esperienza nelle organizzazioni sanitarie, manager che hanno promosso il cambiamento e che hanno partecipato al cambiamento delle aziende sanitarie.

Sono:

  • Arcari Giuseppe con ruoli manageriali in aziende pubbliche e consulente nell’ambito della qualità;
  • Cencetti Stefano con ruoli manageriali in organizzazioni pubbliche e private;
  • Genduso Giuseppe con ruoli manageriali in organizzazioni pubbliche;
  • Ramponi Carlo con ruoli manageriali nell’ambito della qualità in sanità e nelle organizzazioni sanitarie private.

 

La seconda domanda posta ai relatori è stata la seguente:

Come si fa a generare innovazione nei servizi? E soprattutto, come si fa a progettare dei servizi che generano valore?

 

Stefano Cencetti

In qualunque posto una persona vada, bisogna conoscere il contesto in cui si è inseriti, non solo dal punto di vista aziendale, ma anche sociale, economico e produttivo. Qualsiasi innovazione che si voglia fare deve derivare dalla contaminazione tra il contesto in cui ci si trova e l’esperienza che ci si porta dietro.

La principale esperienza di innovazione che ho vissuto è stata a Modena, dove si trova la terza realtà europea per produzione di dispositivi biomedici. Aver aperto la visione al contesto in cui l’azienda è immersa ha significato mettere attorno a un tavolo le potenzialità dell’università, quelle delle strutture sanitarie e quelle del mondo produttivo, creando un network per sviluppare innovazione.

Ci sono due tipi di innovazione: l’innovazione di prodotto riguarda la realtà produttiva e l’innovazione scientifico-culturale riguarda i campi di applicazione e utilizzo dei dispositivi biomedici, quindi ciò che avviene negli ospedali.

L’innovazione viene fatta contaminandosi e lasciandosi ispirare da ciò che ci circonda. Per esempio, a Modena si è riusciti a fare una guida per la valutazione dei dispositivi che, tra le altre cose, ha permesso di capire quali fossero le possibili fonti di ricerca bibliografica che esistevano nella provincia e quindi tutte le biblioteche in cui si potessero fare delle ricerche scovando le potenzialità della realtà in cui si era inseriti. Questo processo ha permesso di crescere sia all’interno del campo di produzione, sia all’interno delle strutture sanitarie, sia nel contesto della provincia (come per quanto riguarda le biblioteche), sia nella realtà universitaria. L’innovazione si fa uscendo dalle strutture sanitarie e portando al loro interno le varie realtà produttive.

 

Giuseppe Genduso

Per parlare del tema delle competenze bisogna farsi guidare dalla propria esperienza. È necessario essere capaci di trasformare in progetti di miglioramento i possibili problemi che emergono ogni giorno nella relazione con i professionisti: nel caso del percorso di accreditamento Joint Commission, si tengono insieme tutti i temi in generale che riguardano il governo della struttura; nel caso di temi più specifici, questo lavoro deve essere fatto in maniera più limitata e contestualizzata (ad esempio: la riorganizzazione di un Blocco Operatorio). L’obiettivo è creare uno spazio innovativo e motivante che stimoli le risposte dei professionisti coinvolti. Il ruolo del direttore generale è capire a cosa dare più rilevanza e a cosa darne meno, dando il giusto ritmo al respiro dell’organizzazione.

Inoltre, bisogna saper mantenere un certo commitment su questo argomento: il direttore generale deve essere presente in maniera costante e essere pronto a imparare, mettendo se stesso in prima persona nei vari progetti. Una sfida può essere quella della costruzione di una nuova struttura. Si può seguire il progetto dallo scavo delle fondamenta, al trasferimento dei pazienti partecipando a incontri settimanali con tutte le figure dirigenziali coinvolte, ascoltando i problemi e le soluzioni proposte e dando “copertura” decisionale ad un processo che dura spesso anni, senza perdere slancio e coerenza.

L’innovazione aspetta di essere colta, bisogna innanzitutto dare tantissimo ascolto. Solo in questo modo i problemi vengono a galla e si vedono da una prospettiva di innovazione. Sta al direttore proporre metodi, spazi e tempi organizzativi per risolverli.

Per tenere alto il livello e la tensione dell’innovazione, bisogna continuamente mantenere orientati i valori dell’azienda sanitaria verso il cittadino, leggere le problematiche che i professionisti incontrano, essere capaci di concedere spazi e metodi perché nascano dei progetti che si consolidino all’interno dell’organizzazione e i cui risultati vengono comunicati a tutti.

Tuttavia, la media della durata dell’impiego di un dirigente all’interno di un’azienda è di due anni. In due anni non si riesce a innescare una serie simile di innovazioni. Può capitare che un nuovo gruppo di dirigenti cambi completamente i progetti di chi ha lavorato precedentemente. Questo può generare frustrazione, disillusione e sfiducia nei confronti del management. La tensione all’innovazione deve essere una costante nel lavoro di tutti i manager, con la capacità e l’umiltà di dare continuità anche al lavoro altrui.

 

Carlo Ramponi

I cambiamenti che avvengono, soprattutto nella pubblica amministrazione, sono figli di una serie di variabili infinita e per questo hanno bisogno di stabilità. Bisogna ricordare che l’innovazione di processo è molto diversa dall’innovazione di prodotto. La prima è legata alle conoscenze e alle competenze organizzative; la determinazione del cambiamento in questo caso riguarda i modi di essere nell’ambito dello stesso ambiente. L’innovazione del servizio è un’innovazione che può essere un’impresa straordinaria, come per esempio, la telemedicina.

Nelle piccole strutture i sensori principali del cambiamento sono i dipendenti, che sono a contatto con l’utenza, fonte significativa di esigenze. Il personale dell’accettazione, per esempio, è in grado di fornire informazioni su cosa non funziona e su come si potrebbe fare per soddisfare l’utenza. Anche se non tutto può essere cambiato, in quanto esistono dei vincoli normativi, le opportunità ci sono ma è essenziale comunque considerare tutti i problemi da ogni punto di vista prima di decidere cosa e come fare.

I cambiamenti di processo, che possono riguardare principalmente l’implementazione  di nuove regole per l’erogazione di servizi consolidati, a mio avviso, molto utile è l’adozione del  pilot test; con tale modalità si possono coinvolgere piccoli gruppi  di persone che in un tempo definito e con risultati attesi non troppo ambiziosi  “sperimentano” le nuove modalità operative e l’efficacia del cambiamento . Il vantaggio di questo approccio è la rapidità di ingtervento, e la economicità della sperimentazione.

Passando all’innovazione di prodotto, è fondamentale tenere a mente i limiti economici e i rischi dell’innovazione. Per esempio, da un punto di vista imprenditoriale, l’idea dell’ingresso sul mercato di un nuovo servizio deve avvenire all’interno della finestra temporale giusta. Quindi, quando si vuole introdurre un’innovazione, bisogna iniziare con prudenza, monitorare i dati e la soddisfazione da tutti i punti di vista (utenza, lavoratori, amministrazione e direzione).

 

Giuseppe Arcari

Progettare all’interno dell’ambiente sanitario è qualcosa di molto complicato. Bisogna tenere conto di diversi fattori: il tempo, l’organizzazione aziendale, gli stakeholders, i politici… I progetti possono essere demolitivi (per esempio, quando si deve eliminare una struttura perché poco sicura), oppure costruttivi, e in entrambi i casi si possono incontrare delle opposizioni.

Fortunatamente, ci sono casi in cui i progetti riescono a essere portati avanti senza particolari difficoltà. Per esempio, tempo fa è stato lanciato un progetto sulla sicurezza in sala operatoria che ha permesso di creare un comparto operatorio che tiene conto sia del flusso economico, che della sicurezza del paziente, attraverso la sua corretta identificazione, la strutturazione di una chech-list di sala e la tracciabilità dei dispositivi medici usando un sistema informatico complesso.

Non si può progettare senza coinvolgere i professionisti. Questi devono avere a cuore gli obiettivi dell’azienda. Il manager deve essere paziente e non vedere in loro un ostacolo, ma una risorsa.

 

Domande

Nel processo di innovazione all’interno delle aziende, quali metodi si possono usare per convertire e “silenziare” le lamentele di chi non vuole il cambiamento (considerando che il tempo è tiranno e che le resistenze potrebbero essere resilienti fino alla fine del mandato)?

  • Giuseppe Genduso: Normalmente si può dare temporaneamente “il timone” a chi oppone resistenza, invitandolo a fare proposte per il progetto. Nella maggior parte dei casi questo basta per farlo diventare un sostenitore del progetto.
  • Giuseppe Arcari: Per limitare le resistenze sarebbe necessario che ogni membro della direzione dell’azienda si mettesse in prima persona nel progetto di innovazione. Questo conferisce credibilità e limita la possibilità di opporre resistenza. Inoltre, è fondamentale circondarsi di alleati e investire molto sia nel dialogo che nella formazione, che deve coinvolgere tutti i ruoli e tutti i livelli.

 

Qual è il ruolo politico all’interno dell’innovazione? Cosa fare quando l’innovazione è insostenibile dal punto di vista economico?

  • Giuseppe Arcari: In ogni progetto di innovazione serve il coinvolgimento del contesto esterno: l’ospedale non è un microcosmo. Il contesto sociale e politico va tenuto in considerazione per far accettare l’innovazione non solo agli operatori, ma anche alla popolazione. Il ruolo politico è quello di presentare i nuovi progetti ai cittadini, che, se vengono coinvolti, diventano sostenitori della causa.

 

Nelle piccole strutture deve esserci un’innovazione quotidiana che parte dall’ascolto dei collaboratori. Come si può dar valore a questo aspetto per non farlo diventare solo un’abitudine della quotidianità?

  • Giuseppe Genduso: Risulta fondamentale la capacità di dare pari dignità e pari valore a qualunque iniziativa volta a migliorare il lavoro dell’operatore a favore del cittadino e dell’operatore stesso.
  • Carlo Ramponi: Anche se le piccole modifiche operative riguardano poche persone e, magari, anche ruoli umili, l’utilizzo di metodi “americanizzanti” di coinvolgimento, insieme aiutano a far acquisire consenso e partecipazione. Per le persone che sono coinvolte, anche i piccoli cambiamenti possono fare la differenza. Bisogna imparare a mettersi in prima linea, parlare, chiedere, ma, soprattutto, valorizzare quei processi che rischiano di passare in secondo piano.
  • Giuseppe Arcari: Il coinvolgimento delle persone che svolgono ruoli apparentemente secondari è un elemento di grande qualità di un’organizzazione. Non è sempre facile, ma, quando riesce, è una delle cose che può dare maggiore soddisfazione (soprattutto per gli organizzatori).

 

Conclusione

Prof. Antonello Zangrandi

Sono due i temi con cui si può concludere il ragionamento attorno a questa seconda domanda.

  1. Il primo è quello dell’immergersi nella realtà. Per esempio, grazie alla Regione Emilia-Romagna, è stato fatto un progetto automotive per generare ingegneri mettendo insieme le università emiliano-romagnole (tra cui quella di Parma) e tutte le imprese presenti nei dintorni. Il processo di innovazione è nato dal fatto che i ricercatori e i docenti erano attori presenti e consapevoli.

  2. Il secondo tema è quello del farsi carico in prima persona dell’innovazione. Il manager non deve essere un burocrate!

 

 

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