Come le organizzazioni possono agire al fine di generare un miglioramento dell'intero sistema


Come le organizzazioni possono agire al fine di generare un miglioramento dell'intero sistema

La sfida di una nuova prospettiva

Lorenzo Patrici

Spesso ospedali e organizzazioni sanitarie mostrano evidenti difficoltà nell’erogare prestazioni qualitativamente adeguate. Il problema principale è certamente di natura economica e deriva in gran parte dalla scarsità di risorse messe a disposizione dal Sistema Sanitario Nazionale (SSN). Numerosi sono gli studi che si occupano delle nuove sfide che deve affrontare il nostro Paese in merito alla sanità, specialmente all’indomani della tristemente nota Pandemia che ha colpito il sistema fra il 2020 e il 2021. 


Tuttavia la maggioranza di questi guarda a come migliorare il SSN da un punto di vista macro. Questo articolo si prefigge l’obiettivo di guardare alla sfida da una diversa prospettiva: non come il SSN può impattare sulle performance delle singole organizzazioni, bensì come le singole organizzazioni possono agire al fine di generare un miglioramento dell’intero sistema. Ogni organizzazione è una componente di un sistema più ampio (ossia il nostro SSN) e per far sì che l’intero sistema operi in maniera efficace ed efficiente è necessario che le singole componenti siano essere stesse efficaci ed efficienti. In questa logica, è necessario trovare le leve su cui agire a livello organizzativo. La leva finanziaria, come predetto, non è direttamente manovrabile dalle organizzazioni sanitarie, se non in minima parte. Per tanto una delle sfide che si propone è quella di identificare leve e variabili alternative su cui puntare. Appare chiaro quindi come il ruolo del management sia preminente: un buon management non solo permette una migliore gestione delle risorse, ma facilità anche un miglioramento qualitativo continuo a cui ogni organizzazione deve tendere al fine di garantire un promuovere dell’intero sistema: in altre parole management matters!


LA RICERCA

A questo punto la domanda diventa: quali sono le leve manageriali su cui agire per raggiungere questo ambizioso obiettivo e cosa è necessario fare a livello organizzativo per sfruttare al meglio tali leve?

Per rispondere a questa domanda abbiamo analizzato la letteratura identificando 5 elementi ricorrenti: (1) la motivazione dei professionisti sanitari; (2) il coordinamento fra lavoratori con diverse professionalità; (3) le competenze dei professionisti; (4) il ruolo del management e (5) il commitment all’organizzazione.

Per capire in che modo questi elementi possono essere sfruttati per migliorare le organizzazioni sanitarie, abbiamo intervistato 10 Direttori Generali di altrettanti grandi ospedali del nord Italia, che hanno fornito preziosi insight su come queste leve possono essere manovrate all’interno del contesto italiano. Maggiori dettagli sulla metodologia sono forniti nel paragrafo successivo.  

Nei seguenti paragrafi, invece, vengono evidenziati i problemi principali che emergono dalla letteratura in relazione agli elementi succitati.


1) MOTIVAZIONE

L’importanza della motivazione dei professionisti è stata già sottolineata da diversi studi. La principale relazione che emerge è “professionisti motivati” corrispondono a un migliore outcome con relativa maggiore efficienza nell’erogazione dei servizi. Questa relazione risulta particolarmente vera nei settori ad alta complessità, così come è quello dove operano le organizzazioni sanitarie.

Se tale relazione risulta essere molto intuitiva, spesso non è chiaro come incrementare la motivazione dei professionisti. La leva finanziaria, anche in questo caso, assume un ruolo fondamentale. Professionisti più pagati, spesso diventano professionisti più motivati. Tuttavia, come ampiamente discusso nella parte introduttiva, questo elemento non è sempre direttamente gestibile dall’organizzazione. Quindi come motivare i professionisti senza ricorrere alla remunerazione?

Alcuni dei DG intervistati sostengono che sia necessario investire in tutte le dimensioni connesse alla motivazione. Giocoforza, se non quella remunerativa, è necessario incrementare le responsabilità dei tecnici e degli amministrativi al fine di stimolare interazioni fra professionisti diversi (sanitari, non sanitari, ecc.).

L’integrazione, quindi, emerge come elemento imprescindibile da promuovere e per realizzare questo obiettivo uno strumento potrebbe essere il lavoro in team: “È molto importante motivare professionisti attraverso l’utilizzo diffuso dei team – secondo uno dei DG intervistati – altrimenti si rischia di generare difficoltà di comunicazione fra colleghi che impatterebbero inesorabilmente sulla performance dell’organizzazione e genererebbero esternalità negative”.  

 

2) COORDINAMENTO

Il coordinamento è la seconda leva identificata dalla letteratura. La letteratura distingue tre livelli di coordinamento a cui l’organizzazione deve ambire.

Il primo livello è il coordinamento operativo, che si riferisce ai processi organizzativi. Tale tipologia di coordinamento presuppone un coinvolgimento attivo di tutti i professionisti nel processo decisionale. A seconda del livello, tutti i professionisti sanitari appartenenti all’organizzazione dovrebbero poter prendere parte alla presa di decisione, o comunque essere resi edotti dei progetti e delle decisioni dell’organizzazione stessa in tempo quasi reale.

Il coordinamento operativo, fin qui descritto, tuttavia non risulta sufficiente: è necessario un secondo livello di coordinamento che consiste nella capacità di saper gestire relazioni che vanno al di là dell’organizzazione singola, in un approccio di “filiera sanitaria”.

Infine, un terzo livello di coordinamento è richiesto, ossia il coordinamento professionale. Le organizzazioni sanitarie sono entità molto complesse, eterogenee e strutturate. Diversi professionisti, con diversi obiettivi, diverse competenze e background culturali si scontrano sovente fra loro. È necessario superare la visione individualista dei professionisti e acquisire una visione organizzativa d’insieme al fine di migliorare la performance complessiva.

Come fare per raggiungere tali livelli di coordinamento?

Le opinioni raccolte nelle succitate interviste ai DG provano a identificare alcuni strumenti. Uno strumento efficace, secondo gli intervistati, è la creazione di network fra professionisti. Un secondo strumento consiste nell’incremento e nel rafforzamento delle procedure. Tali procedure però devono essere comprese dai professionisti, perché altrimenti rischiano di sortire l’effetto opposto ed essere percepite come mera burocrazia. In tal senso, le procedure occorrono a identificare chiaramente ruoli e responsabilità, lasciando comunque ampio margine di manovra e autonomia al professionista.

Infine, un ulteriore elemento consiste nella multi-disciplinarità. Tale approccio alla multi-disciplinarità dovrebbe tuttavia essere già colto a livello universitario.

 

3) COMPETENZE

Promuovere lo sviluppo di nuove competenze professionali è uno degli obiettivi principali del SSN. In accordo con la letteratura internazionale, risulta necessario stimolare la volontà dei professionisti di formarsi continuamente. Questo concetto, che potrebbe apparire scontato, nella realtà dei fatti spesso non lo è. Infatti sovente la formazione viene vista come mera forma di compliance e non è compresa dai professionisti o, ancora più grave, dalle aziende sanitarie. Questa visione di compliance deve necessariamente essere superata e per fare ciò le organizzazioni devono promuovere la cultura della formazione professionale attraverso diversi tipi di incentivi: ore per la formazione, remunerazione economica, possibilità di avanzamento di livello, maggiori incarichi di responsabilità, eccetera.

Questa visione della letteratura è pienamente confermata ciò che è emerso nelle interviste. A questi strumenti d’incentivazione tuttavia, i DG intervistati ne aggiungono uno: la tecnologia. Diversi sostengono che nella loro esperienza hanno visto un trade-off positivo fra livello di tecnologia e volontà di perseguire percorsi di formazione professionale atti a incrementare le competenze individuali. Le organizzazioni sanitarie dovrebbero fare tesoro di queste informazioni e investire nel comparto tecnologico non solo per incrementare in misura diretta l’output, ma anche per incentivare i professionisti a formarsi e conseguentemente migliorare l’outcome dell’intera azienda.

 

4) IL RUOLO DEL MANAGEMENT

Già da anni ormai si è incominciata ad abbandonare il sistema tradizionale basato sulla burocrazia, dove i professionisti erano considerati esterni rispetto alla gerarchia amministrativa. Questo sistema è stato sostituito da un modello che richiede direttamente ai professionisti di rivestire incarichi manageriali: le competenze professionali quindi si devono fondere con le competenze manageriali. Per arrivare a manager-professionisti efficaci ed efficienti, è necessario che questi prendano coscienza del loro ruolo e che siano formati per esercitare il ruolo che compete al middle-management di un’organizzazione complessa.

Per fare questo, sostengono i DG intervistati “è necessario che i professionisti imparino a essere manager”. Attenzione però, occorre non confondere il ruolo manageriale da quello professionale. Non è detto (e anzi, talvolta è proprio il contrario) che il miglior professionista sia il miglior manager.

In una delle interviste, uno dei DG esemplifica questo concetto con la scelta del direttore di struttura complessa. La sua tesi sostiene: “un direttore di struttura complessa non deve essere il miglior medico o professionista, capace di agire in ogni circostanza. Deve piuttosto essere la persona capace di comprendere quale sia l’esigenza più profonda e capire chi sia la persona giusta per rispondere a una determinata situazione che si è verificata”.

 

5) COMMITMENT

Il commitment a una causa, a un’organizzazione, a un sistema rappresenta uno strumento eessenziale per incoraggiare le persone a lavorare con maggiore dedizione, capacità e competenza. In quest’ottica, non si esclude l’organizzazione sanitaria il cui compito è incrementare il commitment dei propri professionisti, affinché siano in grado di generare performance qualitativamente più elevata. 

Come aumentare il commitment però spesso risulta essere poco chiaro. Un problema che sorge sovente, specialmente nelle organizzazioni di più grandi dimensioni, consiste nella tensione che si genera dalla distanza fra il management e i professionisti. Per limitare questo problema e promuovere una cultura di attaccamento verso la propria organizzazione (ossia il commitment), è necessario implementare modalità di management più condivise. Il “Management by walking around” risulta essere una delle modalità più soddisfacenti, secondo la maggioranza dei DG interessati. Questo aiuta a focalizzare l’attenzione di tutti coloro che lavorano con e per l’organizzazione. Permette loro di trovare un’ambizione comune e lavorare all’unisono per il bene dell’organizzazione stessa.

 

DISCUSSIONE DEI RISULTATI E CONCLUSIONI 

L’analisi delle interviste somministrate ha rivelato alcuni elementi chiave e ricorrenti. Questi elementi possono soddisfare il bisogno di migliorare il SSN partendo da ogni singola azienda che lo compone. Di seguito si riportano le conclusioni più lampanti che sono emerse:

  1. C’è un bisogno diffuso di rivedere e migliorare le condizioni di responsabilità in cui lavorano i professionisti. Nonostante la legislazione e i contratti specifichino chiaramente quali responsabilità sono in capo a professionisti altamente specializzati, nella realtà dei fatti degli ospedali pubblici del nostro Paese tale chiarezza sembra venire meno. È quindi necessario stabilire tali responsabilità in maniera più chiara e netta, migliorando i ruoli di coordinamento e aumentano l’assetto manageriale delle organizzazioni. Deve essere sempre chiara la risposta a domande del tipo “Chi informa chi” e “A chi è in carico questa cosa”. Per fare ciò, deve essere rivisto il ruolo rivestito dalle procedure, che sono elementi manageriali complessi e devono essere gestiti come tali. È necessaria una approfondita spiegazione delle stesse ai professionisti, in modo che possano comprenderle e applicare non solo in ottica di compliance, ma in virtù della loro utilità.

  2. La formazione necessita di uno spazio più ampio. Non è sempre chiara la sua funzione e l’ottica in cui essa viene vista dai professionisti e dall’organizzazione stessa, appare talvolta preoccupante. È necessario superare la concezione secondo cui rappresenti un elemento di compliance e puntare sulla formazione come elemento imprescindibile per un miglioramento continuo. Occorre, però, ascoltare la domanda dei professionisti e incentivarli verso percorsi che stimolino il loro interesse. Come visto, uno strumento su cui investire in tal senso è la tecnologia.

  3. Occorre incrementare il coordinamento fra diversi professionisti mediante percorsi condivisi nell’ottica di una vera e propria filiera. L’alto carattere di specializzazione che contraddistingue gli ospedali italiani spesso è un freno al raggiungimento di questo obiettivo, ma è necessario superare questa visione e guardare all’obiettivo finale in maniera condivisa e pragmatica. Il top management deve quindi promuovere la creazione di specifici percorsi che coinvolgano tutti i professionisti sanitari.

 

 

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